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“NON STAVAMO PIÙ INSIEME, MA LUI CONTINUAVA A CONTROLLARMI”CASSAZIONE 17852/2025: QUANDO LA VIOLENZA NON È PIÙ“MALTRATTAMENTO IN FAMIGLIA”, MA STALKING (stalking dopo la separazione)

  • Immagine del redattore: DOTT.SSA DE ZORDO VERONICA
    DOTT.SSA DE ZORDO VERONICA
  • 15 giu
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 2 giorni fa


Mi capita spesso, nel mio lavoro, di sentire frasi come questa:

“Non vivevamo più insieme… ma lui non accettava la fine.”

“Mi seguiva ovunque, chiamava i miei genitori, mi faceva paura.”

“Diceva che eravamo ancora una famiglia, perché avevamo un figlio.”

Situazioni purtroppo frequenti, ma difficili da incasellare giuridicamente. È ancora “famiglia” se non si vive più sotto lo stesso tetto? Si parla ancora di maltrattamenti, oppure si deve denunciare per stalking? E cosa cambia se c’è un figlio in mezzo?

A fare chiarezza è arrivata una sentenza importante, che merita attenzione – e

riflessione.


Il caso deciso dalla Cassazione

I protagonisti di questa vicenda non erano sposati.

Avevano avuto una relazione di tre anni, una convivenza durata appena dodici mesi, un figlio in comune.

Poi, nel 2013, la separazione. Lui se ne va. Ma la violenza non finisce: anzi, cambia forma. Lettere. Telefonate ossessive. Pedinamenti. Minacce. Un giorno, addirittura tenta di investirla con l’auto.

Dal 2013 al 2018 questa donna ha vissuto in uno stato di costante paura.

Eppure, i giudici avevano inizialmente considerato tutto questo come un “prolungamento” dei maltrattamenti avvenuti durante la convivenza.

Ma la Corte di Cassazione ha detto: basta confusioni.


Maltrattamenti o stalking? La distinzione è fondamentale

La sentenza n. 17852 del 12 maggio 2025 stabilisce un principio molto chiaro: Dopo la fine della convivenza, non si può più parlare di “famiglia” in senso penalistico. Le condotte violente successive vanno qualificate come atti persecutori aggravati, cioè stalking.

Perché? Perché la “famiglia” penalmente rilevante non è un legame astratto: non basta avere avuto un figlio insieme, o essersi voluti bene in passato. Serve una comunità di vita reale, quotidiana, affettiva, dove si condividono spazi, progetti, responsabilità. Quando questo viene meno – come avviene dopo una separazione definitiva – il reato di maltrattamenti in famiglia (art. 572 c.p.) non è più applicabile.

Quello che accade dopo è stalking. E va punito come tale.

Questo chiarimento della Cassazione non è solo un tecnicismo da addetti ai lavori. È qualcosa che può cambiare la vita di chi vive un disagio reale, spesso sottovalutato o confuso con un normale conflitto tra ex.

Serve a:

  1. Riconoscere i segnali di pericolo

  2. Capire quando si è vittime di un reato, anche se non c’è più violenza fisica

  3. Sapere come e quando denunciare, per ottenere giustizia e protezione


Ti faccio qualche esempio pratico.

Hai un figlio con il tuo ex compagno o la tua ex compagna, ma non vivete più insieme da anni. Eppure, continua a cercarti, a controllarti, a minacciarti, a opprimerti. Magari ti dice che “ha il diritto di sapere cosa fai perché siete genitori”,oppure che “ti controlla solo per il bene del bambino”. Ma tu ti senti schiacciata. O schiacciato. Sotto pressione. Senza libertà. Con l’ansia costante addosso. Non è più una questione familiare. È un reato. Si chiama stalking.
E no, non devi aspettare che accada qualcosa di grave per reagire.
Il diritto penale oggi ti tutela. Ma devi sapere che quella tutela esiste. E devi usarla. Uomini e donne possono essere vittime.
Il problema non è il genere: è la violenza, è l’oppressione, è la pretesa di “possedere” anche quando una storia è finita.

Cosa ha detto la Corte in concreto

Ecco, in parole semplici, i punti fondamentali di questa sentenza:

✅ Durante la convivenza, le violenze sono maltrattamenti.

✅ Dopo la convivenza, se continuano, diventano stalking.

✅ La semplice genitorialità non fa “famiglia”: se non c’è più una casa comune, un legame stabile, non si può parlare di “famiglia” ai fini del reato.

✅ Le condotte persecutorie devono essere punite autonomamente. Non vanno “assorbite” nei maltrattamenti.


Se ti riconosci in queste righe, non aspettare

Lo dico con tutta la serietà del mio mestiere: non bisogna mai abituarsi alla paura.

Se un ex partner ti segue, ti controlla, ti umilia, ti minaccia – anche “solo” a parole – non è un problema da risolvere in privato.

Non è una “lite tra genitori”.

Non è “una cosa che succede”.

È un reato.

E puoi chiedere tutela.

Anche subito.

Se hai bisogno di un confronto lo Studio Bruschi da anni di diritto di famiglia e di tutela delle vittime di violenza domestica e stalking.

Se vuoi, puoi contattarci in forma riservata. Ti ascolto. Ti aiuto a capire.

Anche solo per sapere cosa puoi fare, e se sei davvero solo/a (spoiler: non lo sei).

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