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TRUFFA CRIPTO SU PIATTAFORMA JZMOR: COSA POSSONO FARE LE VITTIME

  • Immagine del redattore: DOTT.SSA DE ZORDO VERONICA
    DOTT.SSA DE ZORDO VERONICA
  • 8 ore fa
  • Tempo di lettura: 2 min

Schermata di laptop con piattaforma di trading online che mostra grafici finanziari, quotazioni in tempo reale e opzioni di investimento digitali.

Una nuova forma di truffa finanziaria si sta diffondendo con crescente intensità: quella condotta tramite piattaforme di trading fittizie come “JZmor”, che attraggono le vittime promettendo guadagni su criptoasset e azioni, per poi svanire nel nulla. L’inchiesta pubblicata da Il Sole 24 Ore il 30 agosto 2025 ha ricostruito un caso emblematico: investimenti apparentemente redditizi, veicolati tramite gruppi social (WhatsApp, Telegram), con il supporto di sedicenti esperti e il rilascio di false fatture per giustificare bonifici a soggetti terzi. La vittima, spinta a versare fino a 65.000 euro, ha ricevuto documenti fiscali per operazioni mai realmente avvenute: un evidente schema fraudolento.

Dal punto di vista giuridico, siamo di fronte a una truffa aggravata ai sensi dell’art. 640 c.p., potenzialmente accompagnata da reati di falsità in scrittura privata (art. 485 c.p.) e autoriciclaggio (art. 648-ter.1 c.p.). Poiché la piattaforma non risulta autorizzata da Consob e non ha sede nota in Italia, si configura anche la violazione del TUF (D.Lgs. 58/1998, artt. 18 e 166), in quanto esercizio abusivo di servizi di investimento.

I rimedi per le vittime sono complessi ma non impossibili:

  • Denuncia penale immediata alla Procura della Repubblica, allegando ogni documento utile (fatture, estratti conto, chat, email).

  • Segnalazione alla Consob e all’IVASS, se vi sono indizi di promozione di prodotti finanziari non autorizzati.

  • Azione civile di risarcimento danni contro eventuali soggetti identificabili (procacciatori, intermediari fittizi).

  • In alcuni casi, può essere attivata la procedura di chargeback tramite le banche o i circuiti di pagamento.

La competenza territoriale penale sarà individuata in base al luogo in cui si è perfezionato l’inganno o al domicilio della persona offesa (Cass. Pen., sez. II, sent. n. 28084/2020). Sul piano civile, si applica l’art. 20 c.p.c. e, in casi di contraffazione documentale, anche l’art. 19 c.p.c.

Fondamentale è muoversi tempestivamente, anche per evitare la prescrizione o la dissipazione dei fondi. Il coinvolgimento di professionisti esperti in cybercrime, diritto bancario e tutela del consumatore può rivelarsi decisivo per ricostruire la catena delle responsabilità e recuperare quanto perduto.

Per approfondire, contattaci: Studio Legale Avv. Maria Bruschi

 

 

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