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CASSAZIONE E INSOLVENZA BPVI: ORA LA PROCURA PUÒ INDAGARE PER BANCAROTTA FRAUDOLENTA

  • Immagine del redattore: DOTT.SSA DE ZORDO VERONICA
    DOTT.SSA DE ZORDO VERONICA
  • 1 ago
  • Tempo di lettura: 2 min
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Con l’ordinanza n. 20553/2025, pubblicata il 21 luglio 2025, la Corte di Cassazione ha definitivamente confermato lo stato di insolvenza della Banca Popolare di Vicenza, respingendo il ricorso dell’ex presidente Giovanni Zonin e consolidando quanto già affermato dal Tribunale di Vicenza e dalla Corte d’Appello di Venezia. La decisione, oltre a chiudere il lungo contenzioso civile e amministrativo sull’accertamento del passivo, rappresenta ora un importante presupposto giuridico per la Procura della Repubblica di Vicenza, che potrà riaprire le indagini penali per bancarotta fraudolenta in relazione alle condotte degli ex vertici dell’istituto.

Secondo la Suprema Corte, al momento della liquidazione coatta amministrativa disposta il 25 giugno 2017, la BPVi versava in uno stato di dissesto patrimoniale irreversibile. Il patrimonio netto, pur formalmente iscritto per oltre 2 miliardi di euro, è stato rettificato in negativo per 436 milioni, tenuto conto di gravi perdite e del contributo pubblico di 2,4 miliardi riconosciuto per rendere possibile la cessione dell’“insieme aggregato” a Intesa Sanpaolo. La Cassazione ha escluso la rilevanza delle attività fiscali differite (DTA), ritenute incassabili solo in presenza di futuri utili – allora del tutto ipotetici – e ha sancito che la banca avesse perso la continuità aziendale già dal giugno 2017, come confermato dalla Banca Centrale Europea che ne dichiarò la “prossimità al dissesto”.

La rilevanza penale della pronuncia si fonda su un principio giuridico ben preciso: il reato di bancarotta fraudolenta, previsto dall’art. 216 R.D. 267/1942, richiede come condizione di procedibilità l’accertamento definitivo dello stato di insolvenza. Proprio questa lacuna aveva finora impedito alla magistratura inquirente di procedere nei confronti di Zonin e degli altri ex amministratori. Oggi, con la sentenza della Cassazione, tale presupposto è stato cristallizzato. Secondo voci autorevoli della dottrina e della stampa specializzata, vi sarebbero ora i presupposti per configurare due principali ipotesi di reato: bancarotta fraudolenta patrimoniale – per distrazione o dissipazione del patrimonio – e documentale – per falsificazione dei bilanci.

Il contenuto della decisione è rilevante anche sotto il profilo tecnico-giuridico. La Corte ha rigettato tutte le eccezioni sollevate dalla difesa, compresi i rilievi in materia di contraddittorio e quelli relativi alla valutazione delle prove contabili. Ha ribadito che il valore negativo del patrimonio non poteva essere compensato da poste fittizie o non attualizzabili, e ha validato l’impostazione seguita dai giudici di merito nel considerare i contributi statali parte integrante del “prezzo negativo” della cessione.

Per le oltre 120.000 persone danneggiate, tra piccoli risparmiatori e azionisti, si apre così una nuova possibilità di ottenere giustizia. Dopo anni di archiviazioni e prescrizioni sfiorate, la riattivazione del fronte penale rappresenterebbe un passo decisivo verso l'accertamento pieno delle responsabilità in una delle più gravi crisi bancarie italiane del XXI secolo. L’opinione pubblica, specie in Veneto, non ha dimenticato. Oggi il tempo stringe, e le istituzioni giudiziarie hanno finalmente in mano lo strumento giuridico per agire.

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