In edilizia i limiti temporali sono sempre difficili da individuare a cause di forza maggiore, circostanze imprevedibili e termini supplettivi per l’ultimazione delle opere. Con il Superbonus è diverso. Il legislatore non ha previsto possibilità di deroghe alle scadenze e chi le sfora è tagliato fuori dalla maxi agevolazione, con possibili ripercussioni anche sulla regolarità dei lavori svolti, se legittimati solo mediante un titolo derivante da CILA-Superbonus.
Alla radice di un ritardo, di solito, ci sono inadempimenti contrattuali. Le cause possono essere le più varie. Può trattarsi di un tecnico che si è impegnato a fare i progetti e che poi, per un motivo o per un altro, non li ha fatti o non li ha presentati agli uffici Oppure di un fornitore che ha mancato la consegna di un materiale. O ancora di un subappaltatore che non si è presentato. La situazione più frequente è quella dell’appaltatore che, per sovraccarico di lavoro o per disorganizzazione, apre il cantiere, pianta un chiodo e poi va via con la promessa di tornare.
Ora invece sui tempi, così come sugli importi e sull’efficacia degli interventi, non si può più scherzare. Ad esempio il proprietario di un edificio unifamiliare che non realizza, entro il 30 giugno, il 30% dei lavori complessivi e non paga il relativo importo, è facile che si ritrovi a detrarre, anziché il 110%, solo il 50%.
Di fronte al rischio di una impresa che va lunga sui tempi, soprattutto se non vengono fornite adeguate garanzie sul piano finanziario, il committente ha solo un’arma, il contratto di appalto che, nel caso del Superbonus, deve regolamentare attentamente i termini di consegna dei lavori, totali e parziali.
In tal senso può essere opportuno inserire nel contratto una cosiddetta “clausola risolutiva espressa”, ai sensi dell’articolo 1456 del Codice civile; in questo modo, al verificarsi di uno o più degli inadempimenti dell’appaltatore come previsti in contratto, il committente potrà decidere di attivare tale clausola inviando alla controparte la sua dichiarazione di volersene valere, a mezzo raccomandata a/r o a mezzo pec, nelle modalità pattuite, con la conseguenza che il contratto si intenderà risolto di diritto. Ciò senza che risulti necessaria la pronuncia della risoluzione da parte di un Giudice e senza dover attendere le tempistiche della diffida e messa in mora. In questa ipotesi la pattuizione preventiva intercorsa tra le parti si sostituisce al controllo del giudice in ordine alla gravità dell’inadempimento. Il committente potrà tutelarsi ulteriormente indicando nel contratto di appalto quali prestazioni dovranno intendersi da effettuare entro un termine ben definito nel tempo e ritenuto dalle parti espressamente “essenziale”, ai sensi dell’articolo 1457 del Codice civile; in mancanza della prestazione entro il termine fissato (ad esempio esecuzione del 30% dei lavori entro il 30 giugno 2022), il contratto si intenderà risolto di diritto e anche in tale caso non sarà necessaria la risoluzione per via giudiziale, risparmiando così mesi preziosi ed evitando l’alea del giudizio, con i rischi che ne derivano.
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Per lo Studio legale Avv. Maria Bruschi,
Dott.ssa Margherita Susanna
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