Si configura il reato di riciclaggio nei confronti dell’amministratore che, anche se estraneo al concorso nel delitto, versa a titolo di aumento a pagamento di capitale sociale i proventi derivanti da una truffa aggravata.
La Corte di cassazione, con la sentenza n.976/2022, conferma la responsabilità penale dell’imputato per il reato di riciclaggio ex art. 648-bis del Codice penale, per il quale: “Fuori dei casi di concorso nel reato, chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto, ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l'identificazione della loro provenienza delittuosa, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da 5.000 a euro 25.000.”
Nel caso in questione il denaro oggetto del riciclaggio proveniva, nella misura di tre milioni di euro, da una truffa aggravata (ex art. 640 bis c.p.) ai danni della regione Molise, per il conseguimento di erogazioni pubbliche.
La Suprema corte è stata chiamata ad esprimersi sul ricorso presentato dall’imputato avverso la sentenza del 28/11/2019 della Corte di appello di Campobasso. Ricorso che si fondava su una tesi per la quale mancasse la prova, incontestabile e a carico dell’accusa, del concorso nel reato presupposto (la truffa da cui provenivano i fondi), che giustificasse il collegamento con l’aumento di capitale e ne fornisse la motivazione. Non rispettata, inoltre, secondo il ricorrente la clausola del contradditorio, ed evidente la presenza di “vizi di manifesta illogicità della motivazione della decisione gravata”.
Per la Corte, al fine di contestare la relazione tra il delitto di truffa ed il reato di riciclaggio, il criterio temporale e quello del concorso nel reato non sono risolutivi; ma integrano invece ulteriori condotte, necessarie, nel complesso, a delineare in maniera chiara e distinta le ipotesi di: concorso, reato di ricettazione e reato di riciclaggio.
In questo caso l’ingiustificato apporto di capitale al patrimonio della società terza a carico dell’amministratore, al netto di qualsiasi collegamento logico, e seguito dal tentativo di mascherare l’operazione a mezzo di giroconti e dalla cessazione di ogni circostanziale rapporto pochi mesi dopo l’operazione, non lasciano dubbi alla ragionevolezza del giudizio con cui si era precedentemente espressa la Corte di appello.
La Cassazione, dunque, rigetta l’istanza di ricorso proposta dall’imputato, confermando la condanna inflitta nei precedenti gradi di giudizio.
Per studio MB
Roberto Costa
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