Il quesito è stato posto dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Firenze che hanno proposto un ricorso contro un avvocato di Firenze che, in tempi di pandemia, quindi durante l’anno 2020, promuoveva sul social network Facebook una denuncia-querela in opposizione alla Regione Toscana contro l’apertura di un centro Covid in un condominio adiacente alla sua abitazione privata, sottolineando inoltre il fatto che per coloro che volessero aderire a questa azione avrebbe garantito un’assistenza legale gratuita.
L’Ordine degli Avvocati, con il ricorso ha lamentato il fatto che “l'avvocato avrebbe offerto servizi professionali, presentandosi quale "difensore" di coloro che sottoscrivessero la denuncia-querela con invito al pubblico del video a contattarlo”.
Il professionista pertanto si era difeso affermando di aver pubblicato il video non nella sua qualità di avvocato, bensì di privato cittadino.
Il Consiglio Nazionale Forense quindi è intervenuto con la sentenza RD 81/2022 specificando che l’avvocato in questione non ha violato il codice deontologico affermando che “è indubbia la natura non professionale della riflessione e che non poteva essere svolta dall'avvocato perché mancava qualsiasi sottoscrizione di conferimenti di incarichi o moduli a nome dello stesso. D'altra parte, come affermato dall'incolpato ogni atto, anche di denunzia all'autorità giudiziaria, poteva essere presentata anche personalmente da qualunque cittadino”. In particolare, non è assolutamente stato violato l’articolo 37 del codice deontologico forense che vieta di offrire, sia direttamente che per interposta persona, le prestazioni professionali di avvocato.
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