La Cassazione, nelle pronunce 18413 e 6640 del 2022 ha cambiato approccio superando le
precedenti sentenze che andavano ad interpretare la normativa in modo molto più restrittivo. È stato
chiarito che l’assenza del modello di organizzazione e gestione previsto dal Dlgs 231/2001 non
basta, di per sé, a far scattare la responsabilità amministrativa dell’ente.
Un’interpretazione coerente con la scelta del legislatore italiano di non rendere obbligatoria
l’adozione del modello organizzativo. La sua presenza può permettere però di assolvere a quanto
previsto dal Codice della crisi d’impresa che espressamente contempla il dovere dell’imprenditore
di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle
dimensioni dell’azienda, anche in funzione dalla rilevazione tempestiva della crisi.
Con la sentenza 18413 del 10 maggio scorso la Corte di cassazione ha ribadito che l’assenza del
modello di organizzazione e gestione previsto dal Dlgs 231/2001, la sua inidoneità o la sua efficace
attuazione non sono, di per sé, elementi costitutivi dell’illecito dell’ente, la colpa di organizzazione,
il reato presupposto e il nesso causale che deve intercorrere tra i due.
Nel chiarire che la colpa di organizzazione non coincide con la mancata adozione ed efficace
attuazione del modello 231, queste pronunce modificano quindi l’approccio seguito dalla Suprema
corte nel recente passato, quando aveva reputato che la mancata adozione del modello fosse
sufficiente a determinare la responsabilità dell’ente in quanto viene a mancare in radice un sistema
che sia in grado di costituire un oggettivo parametro di riferimento anche per chi è nella
condizione di esprimere direttamente la volontà dell’ente», perché «in assenza di un modello
organizzativo idoneo, la colpa di organizzazione risulta comunque sottesa ad un deficit di direzione
o vigilanza – incentrata su un sistema di regole cautelari, che abbia in concreto propiziato il reato.
L’assenza di un obbligo non significa che l’adozione del modello organizzativo non diventi sempre
più necessaria alla luce del nuovo articolo 2086 del Codice civile introdotto dal Dlgs 14/2019 che
assegna all’imprenditore il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile
adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva
della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale.
L’adozione di un adeguato modello organizzativo potrebbe infatti evitare all’amministratore di
essere esposto alle conseguenze subite dall’ente la cui responsabilità sia stata affermata in
conformità al Dlgs 231/2001, ed in particolare al risarcimento del danno a partire dalle sanzioni
amministrative applicate all’ente stesso.
Questo principio sancito diversi anni fa dal Tribunale di Milano (sentenza 1774/2008) potrebbe
infatti diventare il fulcro della futura produzione giurisprudenziale sull’articolo 2086 del Codice
civile.
Il modello 231 non ha quindi solo un valore per l’ente poiché gli consente di avere i benefici
previsti dal D.lgs. n. 231 in termini di evitare sanzioni, ma diventa importante anche per
l’imprenditore che voglia evitare il rischio di dover rispondere personalmente degli eventuali danni.
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Dott.ssa Margherita Susanna
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