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D.lgs 231: gli errori nella nomina del difensore dell'ente

La disciplina della rappresentanza dell'ente nel procedimento penale è affidata proprio al rappresentante legale, salvo che questi sia imputato del reato da cui dipende l'illecito amministrativo. Questa materia, però, continua a far registrare una nutrita serie di pronunce di inammissibilità da parte della Corte di Cassazione.

Con la Sentenza 7261, depositata il 1° marzo 2022, la Sesta Sezione penale ha ribadito che l'articolo 39 del D.lgs 231/2001 contempla una situazione di incompatibilità tra la posizione del legale rappresentante indagato e quella dell'ente ed un «divieto generale ed assoluto di rappresentanza» da parte del primo.

Lo stesso principio si rinviene sia nella Sentenza 7630, depositata il 3 marzo 2022, della terza Sezione Penale contro un'ordinanza di rigetto di riesame di un decreto di sequestro preventivo, dal difensore nominato dal legale rappresentante indagato, e sia nella sentenza 46035, depositata il 16 dicembre 2021, con la quale la medesima sezione della Corte ha escluso che l'amministratore imputato abbia facoltà di designazione dei difensori dell'ente e che questi ultimi siano perciò legittimati all'impugnazione. L'incompatibilità, peraltro, si verifica sia nell'ipotesi in cui nei confronti del legale rappresentante sia stata esercitata l'azione penale, sia laddove esso sia solo persona sottoposta ad indagini.

La questione appare quindi del tutto pacifica, almeno da quando la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la Sentenza n. 33041 del 28 maggio 2015 interpretò l'articolo 39 come produttivo di un vero e proprio divieto, assoluto e non suscettibile di deroghe, giustificato dal sospetto che l'atto di nomina del difensore di fiducia dell'ente indagato da parte del legale rappresentante a sua volta indagato possa essere “produttivo di effetti potenzialmente dannosi sul piano delle scelte strategiche della difesa dell'ente che potrebbero trovarsi in rotta di collisione con divergenti strategie della difesa del legale rappresentante indagato”.

La scelta del legislatore è stata quella di sollecitare il potere dell'ente di rivedere la catena dei rapporti di rappresentanza dei quali intenda avvalersi, così da evitare che la nomina nel procedimento possa essere il frutto di opzioni inquinanti del rappresentante chiamato a rispondere del reato presupposto.

Tant'è che, sempre secondo la giurisprudenza di legittimità, il mancato esercizio da parte del giudice del potere-dovere di sostituzione del difensore nominato dall'ente in violazione del divieto di cui all'articolo 39 attraverso la nomina di un difensore d'ufficio, comporterebbe addirittura la nullità degli atti procedimentali successivi.


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Dott.ssa Margherita Susanna



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