La Guardia di Finanza attraverso il servizio Telefisco 2021, ha recentemente chiarito la posizione dei prestatori di servizi per l’utilizzo di portafoglio digitale (custodial wallet).
Per questi ultimi, infatti, non esiste ancora una sezione speciale del Registro dei Cambiavalute, la cui istituzione, come reso noto dall’OAM (l’Organismo per la gestione degli elenchi degli Agenti in attività finanziaria e Mediatori creditizi), è subordinata all’emanazione dell’atteso decreto del Ministro dell’Economia e della Finanze.
Purtuttavia, gli operatori in moneta virtuale non possono dirsi esenti da obblighi.
Innanzitutto occorre la direttiva UE 2018/843 che ha esteso gli obblighi antiriciclaggio a due nuove categorie di prestatori di servizi finanziari riguardanti il cambio tra le valute virtuali e il custodial wallet. La stessa direttiva introduce altresì l’obbligo di iscrizione nella relativa sezione speciale.
Va inoltre segnalato che la normativa italiana, recependo la direttiva UE 2015/849 (IV direttiva antiriciclaggio) con il decreto legislativo n. 90/2017, ha introdotto per i prestatori di servizi nel settore del portafoglio digitale obblighi di adeguata verifica della clientela, di conservazione dei dati e di inoltro delle segnalazioni di operazioni sospette.
Da ultimo, si segnala l’interessante sentenza della Cassazione Penale (n. 26807/20) che si è occupata di “abusivismo finanziario” in relazione a operazioni in criptovaluta. La Suprema Corte ha qui avuto occasione di specificare che la vendita di valute virtuali (nella specie bitcoin) quando sia reclamizzata come vera e propria proposta di investimento, rientra nell’attività soggetta agli adempimenti del Testo Unico della Finanza di cui agli artt. 91 e segg., la cui omissione integra il reato di cui all’art. 166, comma 1, lett. c) TUF.
Così riassunto il quadro normativo di riferimento, appare evidente che si aprono concrete possibilità di tutela per gli investitori in criptovalute danneggiati, avallate altresì da una giurisprudenza sempre più incline a riconoscere la penale responsabilità di condotte di riciclaggio anche con riferimento alla vendita di valuta digitale.
Le bitcoin infatti, possono essere considerate a pieno titolo “beni o altre utilità” oggetto del reato di riciclaggio p. e p. dall’art. 648-bis c.p. Inoltre, l’art. 17-bis D.Lgs. 141/2010 (reato di abusivismo finanziario) si riferisce espressamente anche ai prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valute virtuali.
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Dott.ssa Eleonora Sartor
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