LEASING E TRASPARENZA: QUANDO LA BANCA DEVE RESTITUIRE GLI INTERESSI
- DOTT.SSA DE ZORDO VERONICA
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In materia di contratti bancari, la recente sentenza del Tribunale di Roma n. 9363/2025 rappresenta un precedente significativo sul fronte della trasparenza e della corretta pattuizione degli interessi nei contratti di leasing finanziario. Il caso riguardava un contratto di leasing immobiliare del 2007, in cui era stato indicato esclusivamente il TAN (Tasso Annuo Nominale), omettendo il TAE (Tasso Annuo Effettivo) e un piano di ammortamento dettagliato sin dall’origine. Il piano venne infatti prodotto solo nel 2015, a seguito dell’adesione alla moratoria ABI, quindi otto anni dopo la stipula contrattuale. Il Giudice ha ritenuto che tale documento non potesse ritenersi parte integrante del contratto originario e non potesse sanare la violazione degli obblighi di trasparenza ex art. 117 del Testo Unico Bancario (D.Lgs. n. 385/1993).
Secondo il Tribunale, l’assenza di una chiara indicazione del tasso effettivo impediva al cliente di conoscere ex ante il reale costo dell’operazione, in violazione anche dell’art. 1346 c.c. (sull’oggetto del contratto). La sola indicazione del TAN, applicata su rate mensili, risulta insufficiente poiché il costo effettivo varia a seconda della periodicità dei pagamenti e della presenza di oneri aggiuntivi, clausole di indicizzazione o meccanismi impliciti come l’ammortamento alla francese.
Il Giudice ha quindi dichiarato la nullità parziale delle pattuizioni contrattuali sugli interessi, limitatamente alla clausola indeterminata, disponendo l’applicazione del tasso sostitutivo legale previsto dall’art. 117, co. 7, TUB (riferito ai BOT nei dodici mesi precedenti). Tale regime si applicherà anche per la restante durata del contratto, comportando per la banca l’obbligo di restituire quanto percepito in eccesso: nel caso concreto, oltre 869.000 euro al 2019, con importi successivi da calcolare in fase esecutiva.
La sentenza ribadisce anche un principio giurisprudenziale ormai consolidato: la nullità ex art. 1815, co. 2, c.c. colpisce solo la singola clausola contrattuale affetta da illiceità (in questo caso per indeterminatezza), e non comporta la nullità dell’intero contratto. Questo evita un indebito arricchimento del contraente debole e assicura il principio di proporzionalità della sanzione.
Riguardo alle ulteriori contestazioni sollevate dall’attore, il Tribunale ha escluso sia la presenza di interessi usurari (confermando la liceità degli interessi corrispettivi e l’inapplicabilità degli interessi moratori, mai effettivamente addebitati), sia l’anatocismo, non riscontrando capitalizzazione composta nel sistema di calcolo. Anche la clausola “floor”, che fissava un tasso minimo del 3,37%, è stata ritenuta legittima e conforme alla normativa vigente, in quanto diretta a garantire la redditività minima dell’operazione di leasing e non riconducibile a strumenti finanziari derivati, né soggetta alla disciplina del TUF.
Questa pronuncia rappresenta un importante punto di riferimento per gli operatori del credito, che devono garantire contratti chiari, trasparenti e pienamente comprensibili. Allo stesso tempo, rafforza la tutela per imprese e consumatori, riaffermando il diritto a conoscere, sin dalla stipula, il reale onere economico dei contratti bancari.
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